Il whistleblowing questo ….. conosciuto
Cos’è il whistleblowing
Con il termine whistleblowing (letteralmente, suonare il fischietto) si intende la segnalazione di illeciti o irregolarità che un individuo, detto segnalante o whistleblower, riscontra in un’azienda o in un ente pubblico.
In Italia la materia è disciplinata dalla legge 179/2017, attualmente in vigore, che obbliga le pubbliche amministrazioni e le aziende private che hanno già adottato un modello 231, a dotarsi di un canale informatico, per consentire a chi viene a conoscenza di condotte illecite nel luogo di lavoro di segnalarle in modo assolutamente riservato.
Ovviamente va sempre tenuto in considerazione l’ambito di applicazione del whistleblowing il cui obiettivo è mettere in luce gravi violazioni come i casi di corruzione e frode oppure quando è in pericolo la salute e la sicurezza pubblica.
Le novità introdotte dalla Direttiva europea sul whistleblowing (2019/1937)
Il tema del whistleblowing non è di certo nuovo, essendo disciplinato già da anni negli Stati Uniti e in altri Paesi anglosassoni. In questo contesto l’Unione europea – constatando la disomogeneità delle normative nazionali in materia- ha introdotto una apposita Direttiva in materia di Whistleblowing 2019/1937 che persegue l’obiettivo (una volta che tutti i paesi membri l’avranno integralmente recepita) di introdurre uno standard minimo di tutela per i whistleblower nelle aziende e negli enti che hanno più di 50 dipendenti. Estendendo tale diritto anche a clienti, fornitori e stagisti. La Direttiva peraltro prevede che la tutela del segnalante non riguardi solo i dipendenti ma anche: clienti, fornitori e stagisti. Ciò rappresenta un elemento di differenza con quanto prevede l’attuale legge italiana in materia che, secondo l’opinione prevalente, si applica solo ai dipendenti.
La Direttiva prevede l‘obbligo di ogni azienda con più di 50 dipendenti, di implementare un canale informatico specifico per inviare le segnalazioni in maniera riservata ed opzionalmente anonima.
Quali sono le tutele per i whistleblower?
Denunciare un comportamento scorretto o illegale non è mai una scelta né semplice, né banale. Se da un lato esiste una forte determinazione e volontà nel “fare la cosa giusta”, è altrettanto vero che il whistleblower, legittimamente, può temere di essere licenziato, sottoposto a mobbing, persino isolato dai colleghi che preferiscono proteggere la propria reputazione.
A differenza di quanto avviene nella legislazione americana, dove in determinati casi, il whistleblower può ricevere dei cospicui premi in denaro da parte dello Stato, con la Direttiva europea si procede a tutelare il whistleblower solo sul fronte lavoristico, proteggendo il segnalante da tutte quelle ritorsioni dirette o indirette che potrebbe subire a causa della segnalazione. Oltre al licenziamento, infatti, il whistleblower è tutelato da eventuali demansionamenti o altre forme di discriminazioni o modifiche peggiorative delle condizioni di lavoro che siano adottate dal datore di lavoro come ritorsione.
Cosa può denunciare il whistleblower?
La protezione per i segnalanti si applica quando si riscontrano irregolarità nei seguenti ambiti:
diritto comunitario
frodi fiscali
riciclaggio o reati in materia di appalti pubblici
sicurezza dei prodotti e dei trasporti
tutela dell’ambiente
salute pubblica
protezione dei consumatori e dei dati
Tutte le segnalazioni whistleblowing devono essere documentate (foto, documenti o video) e circostanziate. Nell’ambito del recepimento della Direttiva europea da parte dell’Italia, tuttavia, è lecito attendersi una estensione delle materie su cui può essere effettuata una segnalazione che riguarderà, molto probabilmente, il diritto interno.
Il whistleblowing per le aziende
Quando si introducono novità legislative così importanti si diffondano spesso timori e dubbi. Sicuramente qualche azienda nutrirà un certo scetticismo nei confronti del whistleblowing, temendo che le segnalazioni possano avere un effetto negativo sulla reputazione dell’azienda, oppure che i dipendenti possano inviare segnalazioni infondate.
La realtà è molto diversa e questi timori sono infondati. Se un’azienda dispone di uno specifico canale informatico è in grado di gestire internamente tutto il processo evitando possibili danni di immagine.
Creare la cosiddetta Speak Up Culture dovrebbe essere un obiettivo a cui dovrebbero aspirare tutte le società.
Secondo l’indagine dell’IBE, i dipendenti (in particolare quelli più giovani o i neoassunti) ritengono che non sia loro compito effettuare segnalazioni, in quanto si tratta di una responsabilità al di sopra del grado retributivo. Per questo motivo, è fondamentale che Compliance Officer e responsabili HR facciano comprendere a tutti i dipendenti che “denunciare” illeciti e irregolarità interne è una loro responsabilità, indipendentemente dal periodo di tempo trascorso in azienda e dalla loro posizione. Per farlo, è fondamentale comunicare il concetto in maniera chiara ed efficace, organizzando eventi aziendali ad-hoc e riprendendo il tema in occasione dei corsi di formazione e delle valutazioni della propria performance.
“Pensavo fosse una pratica comune”
La cattiva condotta e le pratiche non etiche si insinuano nelle aziende e sempre più spesso vengono percepite come normali e consuete. Al fine di evitare che questo accada, le aziende devono educare i dipendenti riguardo ciò che rappresenta un comportamento accettabile e ciò che invece deve essere segnalato. Redigere policy interne ad hoc (come una policy di whistleblowing) e programmare la formazione dei dipendenti a riguardo sono la base per garantire che tutti i dipendenti decidano se segnalare o meno. Con l’aiuto di un’attenta gestione delle policy aziendali, è possibile verificare quali dipendenti hanno letto e confermato le regole interne e i requisiti normativi.
“Non credevo che sarebbero state prese misure correttive”
Nel momento in cui i dipendenti hanno finalmente il coraggio di effettuare una segnalazione, si sentono scoraggiati quando non ricevono un feedback sull’esito delle indagini. È molto importante, quindi, che i dipendenti sentano che le segnalazioni vengono prese sul serio e vengono esaminate. Il nostro sondaggio mostra che solo il 30% circa delle aziende informa i whistleblower delle conseguenze delle segnalazioni ricevute. Al fine di garantire la riservatezza delle persone coinvolte, i risultati delle indagini possono essere comunicati, ad esempio, sottoforma di case-study anonimo o come feedback diretto.
“All’epoca non pensavo che fosse un problema serio”
C’è spesso incertezza riguardo cosa dovrebbe essere segnalato e quando. È quindi responsabilità dell’azienda promuovere una cultura in cui si possano sollevare anche preoccupazioni che all’apparenza sembrano essere di poco conto. È meglio ricevere una segnalazione irrilevante, piuttosto che rischiare danni reputazionali o perdite finanziarie per l’azienda. Con l’aiuto di un canale di segnalazione riservato o anonimo, i dipendenti possono contattare i responsabili della compliance o delle risorse umane e verificare se si è davvero di fronte ad un illecito, o meno.
“Avevo paura che la segnalazione potesse creare una cattiva atmosfera sul mio posto di lavoro”
Le leggi sul lavoro in tutta Europa cercano di proteggere i whistleblower da eventuali ritorsioni. Tuttavia, i segnalanti possono essere oggetto di ritorsioni dopo aver effettuato una segnalazione che potrebbe avere ripercussioni negative sui loro colleghi. Se nell’azienda manca una solida cultura dello “Speak-up”, l’atmosfera nei confronti dei whistleblower può diventare rapidamente ostile. Implementando canali di segnalazione riservati e anonimi le aziende garantiscono ai segnalanti che i casi siano investigati con discrezione, riducendo così al minimo il rischio di ritorsioni. Gli indicatori chiave possono essere: il whistleblower lavora ancora in azienda 12 mesi dopo l’invio della segnalazione? Sono stati demansionati oppure promossi? Hanno usufruito di lunghi congedi per malattia? Scopri cosa consiglia lo psicologo del lavoro Paolo Lanciani a tal proposito – guarda il video del nostro evento!
“Credevo che i responsabili ne fossero già al corrente”
Spesso si ha l’impressione che il consiglio di amministrazione o il board management siano a conoscenza di pratiche non etiche all’interno dell’azienda. Tuttavia, sono spesso i membri del CdA e gli alti dirigenti che sono alla ricerca di modi per essere maggiormente informati riguardo i rischi aziendali. Attraverso i diversi canali di whistleblowing disponibili i dipendenti possono offrire preziose informazioni ai vertici aziendali sulle possibili aree di rischio. Sofisticati sistemi di gestione dei casi possono anche fornire report dettagliati in modo che la direzione possa tenersi al passo con le problematiche interne.
“Temevo di essere percepito come sleale o non in grado di lavorare in team”
Nessuno vuole essere percepito come sleale o, peggio ancora, avere una “cattiva reputazione”. Di conseguenza, è fondamentale che le organizzazioni comunichino chiaramente che effettuare segnalazioni è parte integrante del successo a lungo termine dell’azienda. Una cultura aziendale aperta protegge da danni alla reputazione e perdite finanziarie.
“Non esisteva un sistema di segnalazione anonima nella mia azienda”
I canali di whistleblowing che garantiscono l’anonimato sono un modo sicuro per segnalare illeciti senza timore di ritorsioni e il loro utilizzo abbassa la soglia di inibizione per i segnalanti. Questo è dimostrato anche dai risultati del Whistleblowing Report 2019, redatto da EQS Group in collaborazione con la Scuola universitaria professionale dei Grigioni (Svizzera): se le aziende consentono segnalazioni anonime, questa opzione viene utilizzata da quasi il 60% di coloro che segnalano. Senza canali di segnalazione anonimi, tali informazioni potrebbero non essere emerse. Anche se per alcune organizzazioni l’anonimato può rappresentare una sfida nell’investigare i casi presentati, ora esistono sistemi digitali che consentono ai dipendenti di segnalare in modo completamente anonimo, di avere una comunicazione anonima bidirezionale e di presentare prove a sostegno.
“Avevo paura di mettere a rischio il mio lavoro”
Secondo lo studio dell’IBE, la paura di essere licenziati è il motivo principale per cui i dipendenti restano in silenzio in Italia, Spagna, Svizzera e Regno Unito. La segnalazione rappresenta, quindi, un passaggio difficile per molti dipendenti.
Per cambiare, è necessario coltivare un ambiente in cui le persone possano segnalare i problemi senza timore di colpe o ritorsioni, tutelando i dipendenti da eventuale licenziamento, demansionamento e qualsiasi altra forma di discriminazione.
Le aziende devono offrire garanzie – a partire dal top management – che la segnalazione non avrà un impatto negativo sulla carriera del whistleblower. Inoltre, recenti iniziative legislative come la Direttiva UE sul Whistleblowing forniscono protezione giuridica ai segnalanti e prevedono sanzioni per le organizzazioni che non riescono a prevenire ritorsioni contro di loro.
“Non sapevo a chi rivolgermi e come”
La comunicazione è tutto. Come dimostrato nel Whistleblowing Report 2019, circa un terzo delle aziende intervistate comunica i propri canali di whistleblowing una volta all’anno. Utilizzare omaggi, video o banner digitali aiuta a mantenere i dipendenti consapevoli dell’importanza di una cultura aziendale aperta. Inoltre, nel Codice Etico, nell’intranet e nel processo di onboarding dovrebbero essere ancorati il ruolo dei segnalanti e una panoramica dei diversi canali di segnalazione.